Nonostante il suo aspetto definito “neoromanico”, frutto di restauri nel 1886 e 1953, la chiesa vanta una fondazione molto lontana che la tradizione fissa al IV secolo (lo testimonia l’antico architrave all’ingresso). Si narra che fu il vescovo Ambrogio a mettere a disposizione della sorella Marcellina e alcune devote vergini questo luogo. Marcellina vi condusse vita monastica, custodendo e venerando le reliquie dei tre Santi Magi, dono di Ambrogio, nell’antico oratorio. Queste reliquie nel 1613 furono trasferite nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo. Fino al 1925, la chiesa conservava una preziosa pala quattrocentesca raffigurante Cristo che mostra le ferite della Passione tra i santi Ambrogio e Agostino. L’opera, unica ed eccezionale, collega il nord Europa con l’Italia ed il gotico con il Rinascimento, permettendoci di capire cosa avveniva a Milano intorno al 1450; recentemente è stata attribuita al pittore Giusto di Ravensburg. Cristo è raffigurato secondo l’iconografia del Giudice ultimo (per questo indossa il mantello rosso sorretto dagli angeli). È un rimando esplicito alla Trinità: nella parte superiore, accanto ad alcuni santi, Dio Padre è affiancato dalla colomba dello Spirito Santo, inserita significativamente nel sole raggiante, simbolo dei Visconti. Questo elemento certifica che l’opera nasce in un ambito visconteo. Straordinaria nel contesto artistico milanese è la cornice trompe l’oeil in stile gotico fiorito con guglie cuspidate, nicchie, statue e raffinati trafori. La struttura, e soprattutto il gusto decorativo, denunciano suggestioni nordiche. Ora questa tavola è conservata nel Museo Diocesano di Bressanone. Nella chiesetta, oggi, è possibile osservarne una copia eseguita da Antonio Teruzzi.
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SI - ingresso alla Chiesa tramite un grandino